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Educare alle Emozioni: gli Strumenti utili

Educare alle Emozioni: gli Strumenti utili

Quanto conta la nostra capacità di lettura e risposta al loro sentire?


Bel vaso di Pandora, le emozioni: può capitare che, una volta scoperchiato il vaso, ne esca un po’ di tutto senza possibilità di controllo. Sì, perché se è vero che lo spettro delle emozioni umane può essere ampio, nel caso dei bambini è di sicuro completo e caratterizzato da un’intensità che noi adulti non abbiamo. O sarebbe meglio dire che l’abbiamo dimenticata? Abbandonata? Soffocata?
Ma poi le conosciamo davvero le emozioni? Sappiamo dare loro il giusto nome e viverle per quello che sono?

Guardiamo insieme quali sono i giochi educativi che ci vengono in aiuto quando si tratta di emozioni.

Emozioni dei bambini vs. emozioni degli adulti



NIENTE FILTRI


Alla nascita un bambino è fatto solo di sentire: non c’è pensare, non c’è ragionare, non c’è mediare, filtrare, conformarsi. Quel che il bambino sente costituisce la totalità del suo mondo e viene completamente portato alla luce ed espresso (con il pianto, con una sonora dormita, più tardi con i sorrisi, ecc.); non si tratta di un atto volontario, ma di una manifestazione diretta e non controllata.
Inoltre il bebè sente e letteralmente assorbe le emozioni degli umani che gli stanno intorno vivendole, suo malgrado, come se fossero sue. Le subisce, insomma.
Mano a mano che il bambino procede nella sua evoluzione, le emozioni tendono a uscire ugualmente, ma quel che cambia è che inizia a notare più attentamente (e sempre inconsapevolmente) le persone intorno a lui e le reazioni, in termini di emozioni e di comportamento, che queste hanno di fronte alle sue emozioni e manifestazioni. E assorbe.

Poi succede che arrivano le regole, le norme sociali di comportamento (questo non si fa, quest’altro non è permesso a casa della nonna, questo ancora si può fare ma solo fino ad un certo livello, ecc.) e il bambino inizia a formare un suo modello di espressione nel momento in cui sente delle emozioni: tutti conosciamo bambini che scoppiano in scenate eclatanti, oppure bimbi che manifestano appena il loro sconforto o la propria gioia, o che esprimono molto efficacemente sentimenti “positivi” e molto più nascostamente sentimenti “negativi”.
Può succedere, peraltro, che questi modelli di comportamento vengano portati avanti fino all’età adulta. E già qui a noi genitori si para davanti l’importanza dell’educazione alle emozioni, l’utilità nell’osservare e saper cogliere anche le cose non dette o manifestate dai bambini, l’attenzione che vale la pena porre sulle loro reazioni e i loro sentimenti a 360 gradi.
In età adulta il sentire, nella sua essenza, non si è trasformato. È cambiato però quello che ne facciamo.
Anche da adulti sentiamo e proviamo emozioni, solo che nel tempo abbiamo imparato a riconoscerle (beh, più o meno), a viverle, ma anche ad automatizzare tutta una serie di operazioni talmente rapide da non rendercene quasi conto. Infatti impariamo nel tempo a:

    • filtrare le emozioni

    • controllarle

    • smorzarle

    • bloccarle

    • convogliarle

    • trasformarle/tradurle/travasarle/trasferirle

    • giudicarle

    • etichettarle


Sono operazioni che provengono dal nostro cervello evoluto e dalla maturità (di pensiero, di giudizio, di propriocezione in qualche modo), e non entriamo ora nel merito se si tratti di un lavoro opportuno o meno. Ci interessa capire cosa c’è di diverso fra il nostro sentire e il loro, perché questo ci può aiutare a comprenderli meglio e ad attuare comportamenti efficaci e che abbiano un valore educativo nelle loro vite.

L’adulto mette in campo, abbiamo detto, tutta una serie di strumenti di controllo che ha imparato nel tempo; e per fortuna, perché stiamo parlando anche di attuare comportamenti adeguati al contesto, come ad esempio non scoppiare a piangere di delusione in un negozio perché l’abito che volevamo comprare non è più disponibile, oppure evitare di prendere a pugni qualcuno dalla rabbia perché ci ha fatto perdere le staffe.

INTENSITÀ


Al bambino, quindi, mancano ancora gli strumenti di categorizzazione e gestione emotiva.
Ma è utile tenere presente che una fondamentale differenza fra le nostre e le loro emozioni, è che le loro hanno un’intensità elevata proprio perché non subiscono alcun tipo di mediazione da parte del cervello cosciente. Questo ci può forse essere d’aiuto nel non giudicare alcune loro reazioni, reagendo magari a volta nostra con comportamenti esagerati.
In altre parole quando un bambino ha paura, ha paurissima.
Quando è frustrato, è frustratissimo. E quando è felice, gli sembra di volare!
Paiono banali come osservazioni, ma potrebbero aiutarci ad avere una visione più chiara di alcune situazioni e, magari, a essere maggiormente d’aiuto per loro.

DURATA


C’è un’altra differenza fra noi e loro: è tipico del bambino vivere esclusivamente il presente.
L’adulto, al contrario, è ben conscio del passato e spesso si trascina pesi, ricordi, impronte emotive che giocano un ruolo importante e talvolta condizionano l’emozione vissuta nel presente. Allo stesso modo pensa, progetta, si proietta nel futuro, lo carica di aspettative (positive o negative): un altro elemento che condiziona l’esperienza emotiva.
Che ricadute hanno questi due diversi approcci nel caso delle emozioni?
Poiché vive solo il presente e lo vive molto intensamente, nel bambino le emozioni sono spesso fiammate o tempeste momentanee, del tutto suscettibili di un radicale cambiamento anche in tempi molto brevi.
E questo, lasciando da parte naturalmente situazioni drammatiche con risvolti emotivi profondi e lunghi, porta un po’ di rassicurazione e sollievo a noi, genitori di nuova generazione, sempre così preoccupati di poter causare traumi a lungo termine se il bambino vive la frustrazione del non avere l’oggetto del momento o il rifiuto di un NO.

ETICHETTE


Siamo in un’epoca nella quale è politically correct non discriminare (le religioni, la fede politica, il colore della pelle), ma ancora non è possibile eradicare il giudizio delle emozioni.
L’avete notato anche voi?
Alzi la mano chi NON ha due cassetti ben distinti: uno per le emozioni positive, socialmente accettate, che si possono esibire; e uno diverso per quelle negative e non ammissibili.

Rischiamo, soprattutto in questo momento storico che ruota parecchio attorno all’apparenza, alla frugalità delle relazioni, alla mancanza di approfondimento in tanti sensi, di creare una realtà umanamente insostenibile nella quale siamo tutti felici, tutti di buonumore, tutti educati e superficialmente gentili.
L’animo umano è meravigliosamente e ostinatamente complesso (nel senso di ricco, multiforme); e quello dei bambini non è diverso, anzi: mostrandosi nella sua natura più pura e non mediata, ci riporta continuamente di fronte alla realtà delle emozioni. Cioè che esistono nostro malgrado, che fanno parte di noi e che sarebbe enormemente più d’aiuto imparare a viverci, anziché classificarle e condannarne alcune.
Un’emozione è un’emozione. Non è né positiva né negativa.
E, soprattutto, è transitoria. Tanto vale accoglierla, imparare a starle di fronte, allenarsi a farne qualcosa per poi salutarla quando se ne va.
Sembra un approccio semplicistico, ma in realtà è l’unica cosa utile e intelligente da fare. E per farla, da bambini così come da adulti, è necessario allenamento.
Noi adulti possiamo essere d’aiuto ai nostri bambini con giochi che diano la possibilità di allenarsi con la gestione delle emozioni: ecco come diventano educativi giochi e giocattoli una volta che li scegliamo con intelligenza!

Gli strumenti per l’allenamento


Quindi cosa possiamo utilizzare per allenare i bambini (e noi stessi) a riconoscere, denominare, vivere, gestire, utilizzare le emozioni?
L’arte è catartica, lo dicono tutti. Ma cosa vuol dire?
Beh, nell’ambito del nostro tema significa che aiuta a tirare fuori quello che abbiamo dentro senza dover per forza mettere in mezzo le parole.

Via libera ai disegni e all’uso dei colori per esprimere lo spettro completo dei sentimenti umani. Attenzione, però, a non indirizzare né correggere i bambini, in questo senso, sulla scelta dei colori, delle proporzioni, delle linee corrette/sbagliate: esce quel che deve uscire ed è perfetto esattamente come viene!

Esistono anche diversi giochi creativi sul tema delle emozioni e sono fantastici perché consentono ai bambini l’azione: mentre nella realtà può capitare che un’emozione ci blocchi e ci faccia sentire impotenti, lavorare con la creatività ci fa sentire attivi, ci restituisce la capacità di “farci” qualcosa con queste emozioni.


Usiamo i libri: ci sono tantissimi libri sulle emozioni ed è buona cosa averne più d’uno su questo argomento, poiché ogni autore ha un approccio diverso, ogni rappresentazione grafica ha un suo “sapore” e non possiamo sapere in anticipo in quale il bambino si riconoscerà maggiormente.


Utilissime le marionette a guanto (chiamate anche burattini): possiamo animarle noi con un po’ di fantasia provando a parlare con il bambino, perché a volte parlare con un “estraneo” per i bambini può essere più semplice che confessare quello che sentono a mamma e papà per paura di deluderli.

E poi bambole o personaggi generici animati da loro che possano accollarsi il peso dei sentimenti del bambino e trovare una soluzione “magica” che magari nella realtà non è direttamente possibile.


E poi parliamoci con i nostri bambini. Chiediamo loro come si sentono e, quando si può, diciamo loro come ci sentiamo noi; certo, in una misura opportuna, adeguata alla loro età, non troppo caricata e drammatica se si tratta di emozioni difficili, ma con onestà. Perché è in questo modo che insegneremo loro con l’esempio, e non con la parola, che i sentimenti pesanti non vanno evitati e nascosti, ma vissuti e accettati.

Commenti

Anche – e potremmo dire, soprattutto – i giovani adolescenti incontrano difficolt nel riconoscere le proprie emozioni e dar loro un nome. , dunque, importante che i docenti forniscano strumenti utili per la comprensione dell origine e delle caratteristiche delle emozioni e per la gestione degli stati d animo, anche di quelli legati alle tematiche pi spinose che affiorano durante il periodo dell adolescenza.

Riporto un fatto, accaduto realmente con un gruppo di bambini di 5 anni. Io, insegnante, dopo un dispiacere ricevuto il giorno prima, mi rendo conto che iniziare la giornata con le attività previste non avrebbe avuto senso. Non avrei dato loro il meglio che avrei dovuto. Ho deciso quindi di dire loro: “Bambini, oggi mi sento triste. Iniziamo la giornata sdraiandoci sul tappetone e leggiamo dei libri”. I bambini, si sa, sono molto empatici e sensibili, ma da quel giorno, ognuno di loro ha iniziato a occuparsi dei compagni che dimostravano tristezza con parole di rassicurazione, di conforto o anche solo con la vicinanza fisica raccontando una storia a quell’amico. Cosa ho imparato come educatrice da questo episodio? Non era stato detto nulla di più rispetto a quanto riportato sopra. Da soli avevano osservato e ASSORBITO: qualsiasi emozione si può accogliere, anche gli adulti le provano e che si possono trovare delle modalità sempre nuove per poter vivere quel momento.

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